Paolo Ameli
Rosso Fango
di Luca Bordoni
Se il tempo deve finire, lo si può descrivere, istante per istante,- pensa Palomar,- e ogni istante, a descriverlo, si dilata tanto che non se ne vede più la fine. (1)
Italo Calvino
Rosso Fango del regista Paolo Ameli è un film profondamente e strutturalmente dialettico, a cominciare dal titolo: da una parte il Rosso, colore del corpo umano, che richiama la vita, il sangue, dall'altra il Fango, la terra, che evoca l'immobilità, l'oscurità e la morte.
La storia, basata su un fatto realmente accaduto, racconta un episodio singolare della prima guerra mondiale. Durante una battaglia sul territorio francese, un soldato inglese, a causa di un'esplosione, viene sbattuto dentro un cratere fangoso e, senza nemmeno il tempo di capire dove sia finito, si ritrova di fronte un tedesco che gli punta contro il fucile. Questi cerca di sparare ma l'arma fa cilecca. L'inglese reagisce prontamente e con un coltello ferisce il tedesco. Potrebbe dargli il colpo di grazia, ma esita. In un primo momento cerca di uscire dalla pozza d'acqua putrida, ma la battaglia infuria e per ben tre volte è costretto a rinunciare. Intanto il tedesco, gravemente ferito ma sempre cosciente, comincia a urlare per il dolore. Il soldato inglese sembra non riuscire a sopportare più le grida, prende il fucile come per sparare ma ad un tratto ripensa a tutto ciò che sta accadendo. Ripensa ai morti, ai feriti, al sangue. Decide così di salvare il nemico, curandone le ferite, prima di abbandonare la trincea. Al momento di salutarsi i due si presentano e veniamo così a sapere che il tedesco si chiama Adolf Hitler.
Una didascalia ci informa che il soldato Hitler guarirà in breve tempo. Mentre il soldato inglese, iniziati nel 1940 i bombardamenti della Germania sull'Inghilterra, maledirà se stesso per non aver ucciso a suo tempo il futuro Fuhrer.
Un film dialettico dicevamo, e infatti sia stilisticamente che narrativamente ci troviamo di fronte a un film per certi versi contraddittorio. Dal punto di vista stilistico infatti il cortometraggio è una vera e propria ricostruzione documentaristica che ci descrive un pezzo della prima guerra mondiale. Questo realismo però, durante il corso del film, scivola lentamente verso una sorta di iper-realismo di stampo Hollywoodiano. Le urla e le scene di violenza sono fin troppo eloquenti e sembrano sfociare (anche grazie agli abbondanti effetti di post-produzione) in una deformazione grottesca del dolore (2). Il tempo del racconto segue lo stesso percorso e dopo i primi minuti sembra come dilatarsi, fermarsi. Da ricostruzione minuziosa, Rosso fango si trasforma in un film mentale e metafisico. Tutto sembra essere deformato dall'immaginazione del soldato inglese e tutto sembra assumere un valore universale, epico: il sangue, le vittime, la guerra.
Dal punto di vista narrativo invece la dialettica è rappresentata dal gesto salvifico compiuto dal soldato inglese. Un gesto che sembra quasi incoraggiato dagli avvenimenti sempre più drammatici e orribili che ci mostra il regista. Un gesto che però, se in primo momento ci emoziona e dimostra la vittoria della razionalità sull'animalità, del perdono sulla vendetta, ecco che, subito dopo, diventa una sconfitta, una beffa del destino.
Paolo Ameli si guarda bene dal formulare un giudizio definitivo, quello che cerca di fare è di spiazzarci, di lasciarci allibiti. Distrugge quelle certezze che lui stesso aveva aiutato a mettere in piedi. Viene infatti da pensare che, rivedendo il film una seconda volta, finiremmo inevitabilmente per ricadere nella compassione suscitata dagli avvenimenti. E sta qui forse il "fascino perverso" di Rosso Fango, ovvero di portarci in un territorio tutto giocato sui sentimenti più istintivi, più immediati, mettendo in evidenza ciò che bene e ciò che è male, ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, per poi ribaltare completamente la prospettiva attraverso la cognizione storica. La storia del film, "vissuta" in prima persona dallo spettatore, è costretta così a confrontarsi con la Memoria. Lo scarto dialettico diventa irrisolvibile.
(1) Italo Calvino, Palomar, Mondadori Editore, Milano 1994.
(2) Un tipo di grottesco che si ricollega per certi aspetti al cinema delle origini, è infatti più che evidente il richiamo al cinema muto attraverso all'espressionismo dei volti e dei gesti. La citazione si trasforma anche in un omaggio a quel cinema, visto che il soldato inglese ricorda molto da vicino la maschera di Buster Keaton. Lo stesso Hitler poi non può che rimandare a Charlie Chaplin, visto che, come aveva osservato André Bazin, era stato proprio Adolf Hitler a rubare i baffetti a Charlot. Dunque Keaton contro Chaplin, cinema muto contro cinema iper-realista, le coppie dialettiche, se approfondiamo l'analisi, continuano ad aumentare.
ROSSO FANGO
(Italia, 2002)
Regia
Paolo Ameli
Sceneggiatura
Paolo Ameli
Montaggio
Roberto De Vita
Fotografia
Patrizio Patrizi
Durata
10 min